Arte in Pills: L’Arco del Granarolo a Brescia

di Viviana Filippini, in Arte, Blog, del 31 Mag 2020, 11:55

A Brescia un’ arcata decorativa per illustri personaggi bresciani

Viviana Filippini

L’Arco del Granaraolo di R. Vantini, che immette in Piazza del Duomo a Brescia

Nel libro Brescia segreta ho raccontato un po’ della città, di alcuni dei monumenti presenti in essa da vedere, scoprire e riscoprire. Tra gli elementi dei quali mi sono occupata c’è l’arco che si trova lungo i Portici X giornate. Andando verso piazza delle Loggia, alla vostra destra si aprono delle piccole viette che vi portano in piazza del Duomo, una di queste, via Bevilacqua, è munita appunto di un arco. Questa arcata, nota con il nome di Arco del Granarolo, fu realizzata da Rodolfo Vantini, molto attivo in città, che ricevette l’incarico dal Comune della città attorno al 1822. La struttura prese il nome per volontà del popolo, perché, non molto lontano da dove venne eretta, c’era un mercato di granaglie all’incirca nell’area dove oggi si trova l’Hotel Vittoria e sempre lì vicino sorgeva la zona delle Pescherie, demolita nel Novecento (tra il 1927 e il 1932) per lasciare spazio all’attuale Piazza Vittoria. L’Arco del Granarolo, in origine, serviva a passanti per ripararsi dalla pioggia, ma se lo si guarda bene le sue forme di arco a sesto ribassato sono semplici, lineari, spoglie da eccessivo decorativismo. Nella stessa maniera vennero modellati i pilastri di appoggio della struttura. Sopra si nota la balaustra, mentre al centro dell’arco, in entrambe i lati, ci sono le sculture in marmo raffiguranti un leone, che creano un netto richiamo al soprannome della città, Leonessa d’Italia.

Due facciate e quattro tondi tra agricoltura, matematica, arte e lettere

Agostino Gallo e l’agricoltura

Agostino Gallo nell’opera di
Agostino Galeazzi, Ritratto di Agostino Gallo, Milano, collezione Altomani

Nelle due facciate dell’arco ci sono quattro tondi lavorati a bassorilievo con i volti di importanti esponenti del mondo culturale bresciano. Sulla parte dell’arco che da’ su via Dieci Giornate si trovano i volti di Agostino Gallo, importante agronomo bresciano nato nel 1499 a Cadignano, ora frazione di Verolanuova (Bs), autore di Le venti giornate dell’agricoltura e de’ piaceri della villa, un importante testo dedicato al mondo dell’agricoltura. Grazie a questo testo del Gallo il mondo dell’agronomia cominciò ad essere visto in modo del tutto nuovo e i suoi contenuti permisero a molti possidenti bresciani del Cinquecento di rivitalizzare il terreno locale attraverso l’agricoltura, l’allevamento e la lavorazione di prodotti derivanti dalla terra.

Il matematico Tartaglia

Accanto a Gallo troviamo Niccolò Tartaglia, matematico bresciano nato nel 1499. In realtà il suo vero cognome era Fontana, ma a causa della sua evidente difficoltà nell’esporre le parole venne soprannominato Tartaglia, epiteto con il quale poi passò alla storia e che lui stesso adottò senza nessun problema. Le difficoltà nel parlare del Tartaglia furono la conseguenza di una brutta e grave ferita che lui riportò da bambino durante una attacco dei francesi alla città di Brescia nel 1512. I fatti storici raccontano che Niccolò stava cercando di rifugiarsi con la madre e la sorella (il padre era già morto da tempo), in Duomo Vecchio, ma venne colpito al palato. Nonostante la grave ferita, il futuro matematico sopravvisse grazie cure della madre che, raccontano le cronache del passato, gli lavava la ferita con sola acqua, perché non aveva il denaro necessario a comprare delle medicine. Niccolò guarì, ma gli rimasero serie problematiche nel pronunciare le parole e per questo lo soprannominarono Tartaglia. A Tartaglia il merito di aver tradotto Gli elementi, opera di Euclide.

Lato del l’arco verso Piazza del Duomo, con i volti del Moretto e del Mazzuchelli

L’artista Moretto

Sull’altra facciate dell’arco del Granarolo, su via Bevilacqua, noterete altri due volti appartenenti a due importanti cittadini bresciani. Qui troviamo Alessandro Bonvicino, nome anagrafico del pittore Moretto, nato a Brescia verso la fine del Quattrocento, uno dei tre grandi maestri del Rinascimento pittorico Bresciano assieme al Savoldo e al Romanino. I suoi dipinti sono sparsi in giro per il mondo, nel senso che li trovate nelle più importati gallerie d’arte e musei del Regno Unito e degli stai Uniti d’America, ma se vi capitasse di passare per Brescia i suoi dipinti e affreschi li potrete vedere nella chiesa di San Giovanni Evangelista, dove il Moretto collaborò con il Romanino per la realizzazione della cappella del Sacramento e nella Pinacoteca Tosio Martinengo e la Museo Diocesano. Le forme dei corpi del Moretto sono solide compatte, quasi scultoree e il colore, di chiara impostazione veneta è caratterizzato dalla presenza costante di velature di tonalità grigia che conferiscono pacatezza e un senso di armonia a tutti i suoi dipinti. Altra caratteristica che ritorna in tutte le opere dell’artista bresciano, che abbiano carattere religioso o che siano dei ritratti, è la profonda dimensione di quotidianità.

Il letterato Mazzuchelli

Nell’altro tondo invece troviamo l’effige di Giammaria Mazzuchelli, letterato, storico e bibliografo, nato a Brescia nel 1707. Viene ricordato in ambito bresciano non solo par la partecipazione alla vita intellettuale della città, ma per il buon numero di opere biografiche dedicate ad autori antichi e moderni, caratterizzate da una profonda e accurata ricerca. Tra i protagonisti di questi scritti si possono ricordare Archimede e lo scrittore Pietro Aretino. Questa passione nel raccontare le vite altrui, portò Mazzucchelli a pensare di scrivere una sorta di Dizionario degli Scrittori d’Italia. Un’opera che ha il sapore delle antologie di letteratura, rimasta purtroppo incompiuta a causa della prematura morte dell’autore avvenuta nel 1765, a pochi giorni di distanza dal decesso della moglie Barbara Chizzola, dalla quale ebbe ben dodici figli.