Art in Pills: lo sguardo intenso in Sogni, di Corcos

Ci sono alcuni sguardi che hanno un fascino conquistatore, nel senso che quando li incroci è come se ti attraversassero e ti leggessero dentro. Non so se vi sia mai successo, a me qualche volta sì, ammetto che l’effetto è stato un po’ spiazzante. È stato come leggersi e comprendersi in modo reciproco. Ci sono alcuni ritratti nella storia dell’arte che, dal mio punto di vista, riescono a carpire la nostra attenzione e a lanciarci messaggi, che sta a noi ricevere, interpretare e conservare. Il quadro del quale vi parlo oggi ha in sé questo fascino. La prima volta che lo vidi ero in terza media e fu durante le ore di educazione artistica, dove ognuno di noi doveva riprodurre un ritratto di un pittore noto. Se non ricordo male a me assegnarono un autoritratto di Van Gogh, ma ad un mio compagno di classe diedero Sogni, realizzato attorno al 1896 da Vittorio Matteo Corcos, un pittore italiano noto soprattutto per i suoi ritratti molto realistici e credo che, da ragazzina, fu il realismo della figura ritratta a farmela percepire vera e realistica.

L’olio su tela, conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Roma è di una scena di naturale quotidianità che ha per protagonista una giovane donna seduta su una panchina mentre guarda fuori dal quadro, proprio verso chi sta all’esterno della tela, ossia verso noi spettatori. La ragazza è seduta su una panchetta in legno e ferro, dove sono appoggiati un cappello in perfetta sintonia cromatica con il vestito e le foglie verdi del ramo che entra in scena nel fondo della tela e dei libri (parecchi) impilati uno sopra l’altro. Un ritratto molto significativo per la fine dell’Ottocento in quanto la giovane venne interpretata come la rappresentazione perfetta dello spirito della Belle époque. Cosa lo fa capire. In primo luogo lo stato di completo rilassamento della ragazza seduta con le gambe accavallate e, anche se si intravedono solo le scarpe nere seminascoste dal vestito verde salvia, guardandola non è difficile capire che sotto quella tela di abito borghese ottocentesco, la bella giovane fosse pronta a muovere in su e in giù il piede, già animata ad alzarsi e partire per nuove scoperte nel mondo circostante. Sul ginocchio la ragazza tiene il braccio sinistro completamente guantato, ritratto nell’atto di sorreggere il viso. La bella protagonista ritratta da Corcos non è una figura idealizzata, lei è Elena Vecchi, figlia di Augusto Vecchi, scrittore di libri marinari e anche di fumetti che firmava con lo pseudonimo di Jack La Bolina. I bene informati dicono che oltre a musa ispiratrice, fu anche l’amante dell’artista ma, indipendentemente da questo, la sua figura dai lineamenti aggraziati e fini incarna una sensualità nascosta tutta da scoprire. La particolarità che mi ha sempre affascinato di questo quadro è lo sguardo penetrante di questa giovane donna, dal quale traspare una personalità grintosa sottolineata anche dalle labbra ben chiuse (in questa fase di relax) ma in fermento, come se volessero parlare a chi la osserva. I capelli arruffati, quella velatura (occhiaie) sotto gli occhi sono i tratti di una donna nel cui animo si agitano con tumulto diversi sentimenti che scatenano in lei un’inquietudine e che arriva a noi osservatori.

Il dipinto di Corcos venne esposto per la prima volta a Firenze, alla Festa dell’Arte e dei Fiori di Firenze, nel 1896 e l’immagine creò curiosità, ma anche un po’ di scalpore perché dava l’immagine di una donna indipendente che andava a spasso da sola per la città e che si sedeva, senza essere accompagnata, su una panchina per sfamare le propria sete di sapere con dei libri. Uno stile di vita che la maggior parte delle donne italiane di fine Ottocento non sperimentava di certo. Questa ragazza, amante della lettura, forse dal carattere anche un po’ inquieto, incarnava gli ideali di sensualità, di bellezza, di libertà del vivere e di libertà che cominciava a diffondersi nel mondo femminile di fine XIX secolo. Sullo sfondo si intravede lo scorcio di un edificio i cui colori richiamano e ricordano quello dei testi da lettura e della panchina, solo che sono molto più sbiaditi e slavati come a sottolineare gli effetti di consunzione compiuti dagli eventi atmosferici. Nella tela si intravede la parte bassa di un finestrone dall’intelaiatura verde e, come scritto prima, un ramo che irrompe nella parte destra (la nostra) della tela sottolineando la rappresentazione prospettica del davanzale. Con Sogni Corcos non solo ha tramandato ai posteri il volto di una giovane del suo tempo, ma il realismo pittorico che caratterizza tutta la figura ce la rende vicina e, scusate l’azzardo, viva, pronta a condividere con noi il turbinio di emozioni e idee che la caratterizzano.

Vittorio Matteo Corcos nacque a Livorno, il 4 ottobre del 1859 da una famiglia di origini ebraiche e fu un importante ritrattista della seconda metà dell’Ottocento. Appassionato di pittura frequentò fin da giovane l’Accademia di belle arti di Firenze e suo maestro fu maestro Enrico Pollastrini. Tra il 1878 ed il 1879 soggiornò a Napoli presso Domenico Morelli. Nel 1880 approdò a Parigi, dove per 15 anni collaborò con la casa d’arte Goupil frequentando anche saltuariamente lo studio di Léon Bonnat, ritrattista della “Parigi bene”. Tra il 1881 ed il 1886 espose al Salon e morì 8 novembre del 1933 a Firenze.