Quella rosa metafora di vita, Con la rosa tra le labbra di Ettore Tito

Questo dipinto visto da vicino ha un fascino travolgente. Ho avuto la fortuna di incontrarlo l’anno scorso a Brescia, e l’opera Con la rosa tra le labbra di Ettore Tito è davvero coinvolgente. Il dipinto venne realizzato dal pittore campano nel 1895 con la tecnica della pittura ad olio ed è un esmpio di pura essenzialità, nel senso che con pochi elementi, il pittore ha creato un quadro che ancora oggi riesce a toccare l’animo dell’osservatore.

Il dipinto è una tavola di piccole dimensioni dal formato orizzontale. In essa si vede un volto di ragazza dipinto di profilo, con le labbra che stringono una rosa. I tratti della giovane sono dolci e delicati, basta guardare il perfetto arco sopracigliare che sovrasta l’occhio o il naso dritto e delicato. La colorazione scura dei capelli e gli occhi scuri, come le ciglia folte e le soppraciglia, fanno pensare ad una ragazza del Sud Italia.

L’incarnato del volto è un misto tra il rosa e l’ocra, con screziature di un rosa più accentuato proprio dove ci sono le guance. I capelli, raccolti in una crocchia (anche se si notano delle ciocche in fuga vicino al collo), sono scuri, neri con sfumaure rossastre e molto lucidi. La loro lucentezza è evidenziata dalla luce che illumina l’intera figura. A far risaltare ancora di più la tonalità scura della chioma si nota un cerchietto in metallo (argento?) che attraversa il capo della ragazza.

La giovane ha tra le labbra una rosa e la cosa interessante è come i petali del fiore abbiano gli stessi colori del viso della protagonista femminile, in un gioco di parallelismo dove la bellezza della ragazza è paragonata a quella del dolce fiore che ha tra le labbra sottili.

Il fondale del dipinto è di tonalità cromatiche chiare, come se la giovane avesse dietro una parete abbastanza monocroma, tipo un muro esterno o interno dello studio del pittore (questo però non lo sappiamo) sul grigio, con porzioni di colore giallo, ocra, arancio, si nota anche del blu e del grigio, ma esse non disturbano, anzi, non fanno altro che convogliare lo sguardo e l’attenzione dell’osservatore verso la protagonista.

La ragazza è in posa e osserva qualcosa o qualcuno (magari chi le ha dato il fiore) che sta fuori campo e si percepisce in lei una sorta di tensione, di voglia di finirla con lo stare in posa, per dirigersi verso chi o cosa sta guardando.

Ettore Tito ci porta vicini alla ragazza, alla sua solitudine e quel senso di spensieratezza che la caratterizza e che le permette di tenere tra le labbra quel bocciolo di rosa, senza temerne le spine che potrebbero ferirala e falre del male. Non so, ma questo mi ha fatto pensare all’impavido coraggio di una giovane donna pronta ad affrontare le emozioni, le gioie, i dolori e il tempo che passa e cambia la sua vita e quella delle persone che la circondano.