È arrivata l’ora della pensione per gli AC/DC?

di Sergio Mario Ottaiano, in Musica, del 11 Set 2015, 12:30

ac/dc

È successo ai R.E.M. quasi quattro anni fa, quando dissero che avevano già dato tutto ciò che potevano al mondo della musica; lo diceva Vasco Rossi qualche tempo fa, dichiarando che era giunto il momento per lui di andare in pensione come Rock Star (ma poi nulla di fatto!); ora sembra che tocchi ai leggendari AC/DC.

Il frontman della band, Brian Johnson, parlando per The Morning Sun, ha recentemente dichiarato che l’album Rock Or Bust, uscito nel novembre 2014, potrebbe essere l’ultimo della band: “La pensione è come niente. Un buon calciatore, un buon giocatore di hockey non vogliono andare in pensione, ma purtroppo, a volte, c’è un momento in cui bisogna farla finita; quindi è una cosa ancora in corso in noi, non diciamo mai di no e non dobbiamo mai dire mai”.
Quindi, sembra quasi che la storica band australiana, formatasi a Sydney nel 1973, stia accarezzando l’idea di chiudere i rapporti con il mondo della musica e che brani leggendari come Highway To Hell, ultimo dell’era di Bon Scotto, Hells Bells e Back In Black, provenienti dall’omonimo album che dopo Thriller di Michael Jackson è il più venduto al mondo, non saranno più suonati dal vivo con sommo dispiacere dei fan affezionati.

Johnson ha continuato dicendo: “Ma noi non ci aspettiamo mai le folle. Non diamo nulla per scontato. Come potremmo? I tempi cambiano. Di base bisogna continuare a fare quello che stai facendo e sperare che i fan tornino per averne di più”.

Quali potrebbero essere, dunque, le motivazioni di tali affermazioni? Forse la stanchezza e la poca freschezza dopo più di trent’anni di attività? Eppure i loro quasi coetanei Iron Maiden di recente hanno pubblicato un nuovissimo album dal titolo The Book of Souls. Sarà forse colpa del nuovo mercato musicale che non lascia molto spazio ad artisti del loro calibro ancora legati ad un modo di fare musica che risulta essere troppo “antico” e di difficile fruibilità per le masse moderne? O forse la recente perdita del batteristaPhil Rudd, condannato il 9 luglio ad otto mesi di arresti domiciliari per possesso di metanfetamine e marijuana?

Magari si tratterà soltanto di voci messe in giro dalla stessa band per tornare sulla bocca dei fans e far parlare di sé.
In ogni caso una notizia del genere, se fosse vera, indipendentemente dalle ragioni, rappresenterebbe un ulteriore passo verso il definitivo tramonto di un tipo di musica che ha fatto la storia: il rock, quello vero, quello duro, definito “hard” che riempiva gli stadi e faceva tremare la terra col suo suono grintoso e le sue parole di libertà.