2020: l’anno del divino Raffaello

Il 6 aprile di cinquecento anni fa l’Italia perdeva un grande artista, il divin pittore, meglio conosciuto come Raffaello Sanzio. Il 2020 è l’anno prescelto dal mondo dell’arte per celebrare la memoria di questo gigante del Rinascimento, ma a causa dell’emergenza sanitaria tutti gli eventi sono stati posticipati. Di certo è che, in questo momento delicato, l’Italia ha bisogno di ricordare l’ineguagliabile grandiosità artistica di Raffaello .

Tralasciando la canonica agiografia del pittore, a Raffaello Sanzio tributiamo l’unicità artistica delle nostre città, soprattutto di Roma.

Il primo testimone della grandezza e delicatezza del suo pennello è Giorgio Vasari, il quale ci ha permesso di apprezzare la vita dell’artista, grazie alle parole che dedicata ne Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori : «Quanto largo e benigno si dimostri talora il cielo nell’accumulare in una persona sola l’infinite richezze de’ suoi tesori e tutte quelle grazie e’ più rari doni che in lungo spazio di tempo suol compartire fra molti individui, chiaramente poté vedersi nel non meno eccellente che grazioso Raffael Sanzio da Urbino».

Inizia a diffondersi, da Vasari in poi, l’idea che Raffaello sia stato battezzato direttamente da Dio, divenendo un mito nella storia dell’arte moderna. Da Urbino si sposta a Firenze, grembo del Rinascimento e prima palestra artistica per Raffaello, fino alla conquista di Roma nel 1508.

Trattasi di una vera conquista il suo arrivo a Roma, in quanto realizza una visibile renovatio urbis, che incanta il suo primo committente, Giulio II . Raffaello lo annoveriamo tra le straordinarie personalità della storia del nostro paese per aver reso possibile un colloquio tra antichi e moderni, oltre che per la sua sensibilità nello scorgere la luce dinanzi alle rovine di un passato glorioso. Di importante influenza fu infatti la città di Roma, in cui poté guardare attraverso i suoi stessi occhi i resti della civiltà latina, da cui scaturiscono essenziali riflessioni, confidate in una lettera a Leone X, e risalente al 1519. Da quest’ultima apprendiamo l’intenzione di Raffaello di rinnovare la città di Roma, per mezzo di progetti di lavoro che possano considerare come punto di partenza gli edifici invecchiati. L’Urbinate scopre la sua profonda vocazione per la valorizzazione del territorio, ispirandosi proprio alle radici arcaiche dell’Impero romano e cercando di tracciare una strada di ritorno verso esse. Sulla strada percorsa dal divin pittore si conciliano perfettamente l’amore per il vivere all’antica e la voglia di rinascere dalle ceneri dei romani, grazie anche al contributo della letteratura latina e del testo di Claudio Rutilio Namanziano De reditu suo, in cui l’autore vi narra il viaggio di ritorno da Roma verso la Gallia, abbandonandosi all’amara consapevolezza della decadenza dell’Urbs. Raffaello, maestro del pennello, riesce a rendere vivi i pensieri degli umanisti ̶ con i quali entra in contatto ̶ e le perdute bellezze, divenendo sotto il pontificato di Leone X una guida per la Roma rinascimentale, che ne farà di lui il praefectus marmorum et lapidum omnium, incarico istituito per la prima volta da Augusto. Dalla letteratura riaffiorano in Raffaello i ricordi magnifici dell’Urbs, che lo portano a trasformare in colore le storie, dotate di grande efficacia comunicativa ̶ come sottolinea Antonio Pinelli ̶ e di duttilità espressiva.

Raffaello attraverso la pittura narra le scene che trova sui libri o nella vita dei suoi committenti, donando ai posteri la possibilità di leggerle con gli occhi. Alla base della sintassi pittorica dell’artista c’è la volontà di identificazione nella cultura passata , sempre accompagnata da una costante ricerca dell’amenità dei luoghi.

Raffaello Sanzio ha un «non so che di santità e di divinità che par che levi dalla mente degli uomini ogni reo pensiero» (Ludovico Dolce,1557) e oggi possiamo ancora ammirare questa sua grande capacità di renderci leggeri, facendo una passeggiata tra gli scorci della bellissima Roma.