The Pills – Sempre meglio che lavorare: l’elogio dell’ozio nell’era della flessibilità

Dal web al cinema. Arriva oggi in sala The Pills – Sempre meglio che lavorare, il film di debutto del trio comico romano. I The Pills, al secolo Luca Vecchi, Luigi Di Capua e Matteo Corradini, dalle web series approdano al grande schermo con irruenza, riaffermando in modo perentorio la loro appartenenza a quelle dinamiche e a quel modus vivendi che convogliano verso il pacifico e aleatorio mondo del “dolce far nulla”: «Una vita con la sveglia alle sette e mezza è una vita che non vale la pena di essere vissuta». Il film è una vera e propria fotografia tristemente reale, seppur ironica, del panorama italiano contemporaneo, attanagliato da disoccupazione, flessibilità e precarietà.

Lo sviluppo della trama si ispira alla loro esperienza personale: giovani neolaureati che vivono una condizione di inattività dettata da problematiche sociali attuali, le quali purtroppo impediscono a un numero sempre crescente di ragazzi di seguire i propri interessi e realizzarsi nel mondo del lavoro. Seppur vincolati da questo stallo, i The Pills hanno saputo sfruttare le loro conoscenze in ambito cinematografico e il loro profondo spirito innovativo, cominciando a girare video che spopolano sul web. Nei video, così come nel film in uscita, rappresentano con acuta ironia una generazione ferma che non ha nessuna voglia di riscatto, anzi che è disposta a tutto pur di non affrontare il complesso e deteriorato sistema del “terrificante” mondo del lavoro.

L’immobilismo cronico è una condizione che assilla tutti coloro che si trovano nel limbo tra la fine degli studi e l’inizio della vita lavorativa. Ma il tema ci porta anche a un’altra riflessione: il modo in cui la frenesia lavorativa abbia raggiunto livelli così alti da indurci a trascurare quei momenti di tregua dedicati propriamente all’ozio, nella sua accezione latina (otium), ossia alla riflessione e alla ricerca intellettuale. Filosofi e pensatori hanno da sempre rivolto all’ozio una particolare attenzione. In letteratura sono numerosi i riferimenti a un così sereno “fervore statico”, sebbene non sia poi meno dinamico di tante altre attività. Si possono citare, ad esempio, poeti e filosofi come Seneca, Robert Louis Stevenson, Raymond Carver e Bertrand Russell, i quali hanno dedicato all’argomento, a questo modus vivendi, appassionanti componimenti e nutriti saggi. Tra i tanti, anche lo scrittore Hermann Hesse, premio Nobel per la letteratura nel 1946, ha più volte espresso il suo punto di vista: «La vita delle persone che lavorano è noiosa. Interessanti sono le vicende e le sorti dei perdigiorno».

Per quanto un simile accostamento possa sembrare stridente, il modo in cui i The Pills sbeffeggiano il lavoro, e tutto ciò che oggi ruota attorno ad esso, non può essere etichettato come semplice ignavia, bensì come ferrea e dissacrante volontà di sottrarsi a una oppressione lavorativa dilagante; la volontà, dunque, di ritornare all’ozio e alla vita latu sensu, poiché l’ozio, parafrasando lo scrittore statunitense Ambrose Bierce, non è altro che un intervallo di lucidità nei disordini della vita.

Redazione

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